SALTO - Si prospettano tempi durissimi per le saltatrici americane: la federazione statunitense di sci ha deciso di concentrare i propri fondi per questa stagione sulle discipline olimpiche, e come è ormai noto il salto femminile non lo è. Pertanto le saltatrici americane non solo non potranno saltare per una medaglia olimpica, ma addirittura avranno grossi problemi finanziari per tutta la stagione in arrivo.
Lindsey Van, prima campionessa del mondo di salto con gli sci al femminile lo scorso febbraio a Liberec, ha manifestato tutta la propria preoccupazione in un'intervista sul New York Times: "La decisione della federazione è un durissimo colpo per tutto il movimento perchè ci riempie di ulteriori pressioni. Non solo dovremo combattere nelle aule di tribunale per avere la parità con il salto maschile, ma dovremo combattere anche tutti i giorni per avere i soldi per vivere."
La 25enne ha raccontato gli esempi pratici delle quotidiane difficoltà incontrate: "Io stessa per guadagnare il necessario sto lavorando part-time in una clinica per la fisioterapia, e negli ultimi tempi ho fatto anche la giardiniera e la dog-sitter. La verità è che io oggi farei quasi di tutto per avere soldi, e non ho alternative. Sembra di essere tornati indietro di 5 anni, quando il salto femminile era ancora uno sport amatoriale"
Sono dichiarazioni quasi incredibili se si pensa che a farle non è un'atleta di terza fascia, ma la campionessa del mondo in carica, che ha anche esposto il circolo vizioso in cui si trova il salto femminile americano: "Il grosso problema è che se il nostro non è uno sport olimpico non possiamo neppure attirare gli sponsor. In Europa la situazione non è così difficile perchè c'è una mentalità diversa: lì i campionati del mondo sono considerati importanti quasi quanto i Giochi olimpici, invece negli Stati Uniti le olimpiadi sono l'unica cosa che conta davvero a livello mediatico e di sponsorizzazioni. Come si fa ad incoraggiare le adolescenti a praticare il salto se sanno che non hanno un futuro davanti? Nessuno vuole portare avanti un'attività solo per divertimento."
A questo punto potrebbe diventare fondamentale per le americane un verdetto favorevole da parte della Corte suprema del British Columbia il prossimo 12 e 13 novembre sul ricorso presentato contro l'esclusione della disciplina dai Giochi olimpici di Vancouver: "Abbiamo argomenti molto validi, ma in primo grado la Corte non li ha ritenuti tali. Abbiamo presentato appello, ma non mi aspetto niente" ha concluso amaramente.
Lindsey Van, prima campionessa del mondo di salto con gli sci al femminile lo scorso febbraio a Liberec, ha manifestato tutta la propria preoccupazione in un'intervista sul New York Times: "La decisione della federazione è un durissimo colpo per tutto il movimento perchè ci riempie di ulteriori pressioni. Non solo dovremo combattere nelle aule di tribunale per avere la parità con il salto maschile, ma dovremo combattere anche tutti i giorni per avere i soldi per vivere."
La 25enne ha raccontato gli esempi pratici delle quotidiane difficoltà incontrate: "Io stessa per guadagnare il necessario sto lavorando part-time in una clinica per la fisioterapia, e negli ultimi tempi ho fatto anche la giardiniera e la dog-sitter. La verità è che io oggi farei quasi di tutto per avere soldi, e non ho alternative. Sembra di essere tornati indietro di 5 anni, quando il salto femminile era ancora uno sport amatoriale"
Sono dichiarazioni quasi incredibili se si pensa che a farle non è un'atleta di terza fascia, ma la campionessa del mondo in carica, che ha anche esposto il circolo vizioso in cui si trova il salto femminile americano: "Il grosso problema è che se il nostro non è uno sport olimpico non possiamo neppure attirare gli sponsor. In Europa la situazione non è così difficile perchè c'è una mentalità diversa: lì i campionati del mondo sono considerati importanti quasi quanto i Giochi olimpici, invece negli Stati Uniti le olimpiadi sono l'unica cosa che conta davvero a livello mediatico e di sponsorizzazioni. Come si fa ad incoraggiare le adolescenti a praticare il salto se sanno che non hanno un futuro davanti? Nessuno vuole portare avanti un'attività solo per divertimento."
A questo punto potrebbe diventare fondamentale per le americane un verdetto favorevole da parte della Corte suprema del British Columbia il prossimo 12 e 13 novembre sul ricorso presentato contro l'esclusione della disciplina dai Giochi olimpici di Vancouver: "Abbiamo argomenti molto validi, ma in primo grado la Corte non li ha ritenuti tali. Abbiamo presentato appello, ma non mi aspetto niente" ha concluso amaramente.
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