ALPINISMO – Simone Moro, uno dei più conosciuti e apprezzati alpinisti contemporanei, attraverso le pagine de “L’Eco di Bergamo” di questa mattina ricorda il collega Roberto Piantoni, morto nella notte tra mercoledì e giovedì sullo Shisa Pangma, uno dei 14 Ottomila.
Moro (a sinistra), che aveva anche accompagnato in parete Piantoni in una delle sue prime uscite importanti su una via aperta dal padre scomparso nel 1981, spiega la dinamica di una fatalità costata la vita al più giovane scalatore.
“… Roberto non è stato vittima di un'imprudenza, ma di un sfortunatissima coincidenza: al suo passaggio le corde di collegamento hanno ceduto, non così quando sono passati i due alpinisti prima di lui... Non c'era nulla da fare, forse erano corde vecchie, logorate dal tempo, chissà...
Magari qualcuno dirà che Roby la morte è andata a cercarsela, ma non c'è nulla di più sbagliato: quello che gli è accaduto è paragonabile a un incidente in auto che può capitare a ciascuno di noi ogni giorno, niente di più e niente di meno, cambiano gli scenari, ma la fatalità è la stessa.
Non dimentichiamoci che Roby non era solo un alpinista, una guida, ma un maestro delle guide, il maestro dei maestri, e sapeva perfettamente quello che doveva fare: non c'era improvvisazione in quel che faceva...”
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