Canada b. Usa 3-2 (1-0,1-1,0-1, 1-0) - Nessuno in Canada dimenticherà questo momento. Erano passati 7 minuti e 40 secondi dall’inizio dell’overtime, quando Sidney Crosby, il giocatore più atteso e sino a quel momento quasi inesistente sul ghiaccio , con un tiro di polso secco infilava tra le gambe di uno straordinario Ryan Miller il gol che valeva l’oro e il delirio di una nazione intera.
D’ora in poi il 28 Febbraio 2010 sarà per sempre ricordato da tutti i canadesi come la più grande vittoria della storia della loro nazionale e il giorno in cui “Sid the Kid” Crosby si è guadagnato l’immortalità hockeystica, consegnando la sua rete alla storia dello sport e delle olimpiadi.
L’attesa per questa partita era tale che dire che tutti in questo paese si erano fermati per assistere all’evento, risulterebbe addirittura riduttivo. I canadesi , hanno chiuso la loro olimpiade da record, vincendo quattordici medaglie d’oro, ma soprattutto vincendo quest’ultimo oro, quello con la O maiuscola. Qualsiesi canadese avrebbe barattato tutti gli altri 13 in cambio del trionfo nell’hockey maschile. Il modo in cui è arrivato poi lo ha reso ancora più bello ed entusiasmante.
La finale contro gli Stati Uniti è stata una delle partite più belle che si siano mai giocate su un campo da hockey. E’ stato il migliore spot possibile per chi non conoscesse questo meraviglioso sport e le emozioni che è in grado di regalare ai massimi livelli. Racchiudere in queste righe la cronaca e tutte le intense emozioni di questa sfida sarebbe impresa ardua. E’stata una battaglia all’ultimo respiro tra due squadre, fatte di straordinari giocatori, che hanno datto tutto, ma proprio tutto per poter sentire risuonare l’inno della loro nazione guardando una medaglia d’oro pendere dal loro collo.
In una partita equilibrata, come evidenziato anche dal numero dei tiri (39 a 36 per i canadesi) dalle occasioni da rete e da due grandissime prestazioni dei portieri Roberto Luongo e Ryan Miller, il Canada ha trovato i primi due gol grazie a due errori di liberazione difensiva commessa dagli americani nel proprio terzo. Jonathan Toews nel primo periodo e Corey Perry nel secondo, su un sciagurato assist del difensore Ryan Whitney, hanno portato avanti la squadra di casa 2-0.
Gli Usa non si erano mai trovati sotto in questo torneo e rimontare contro una squadra che in vantaggio poteva usufruire di meno pressione e dell’appoggio di un pubblico straordinario, non era affatto facile. Per riuscirci serviva forse un altro “miracle” come quello di trenta anni fa che valse l’ultimo oro olimpico statunitense. Ryan Kesler , deviando un tiro di Patrick Kane, dava speranza per una rimonta e faceva andare alla fine del secondo periodo sotto di un solo gol gli states.
Il terzo periodo viveva ancora su un ritmo intensissimo, con grandi battaglie negli slot, tutto giocato a velocità supersonica. I minuti passavano e sembrava ormai concretizzarsi il tanto sospirato esito per i canadesi. Si susseguivano occasioni su occasioni, in cui poteva esserci il 2-2 o il 3-1 del Canada, ma Miller e Luongo dicevano di no a ogni conclusione.
Quando mancavano poco meno di due minuti al termine, coach Ron Wilson, si gioca la carta della disperazione, togliendo il suo portiere per provare a giocare con l’uomo in più ma con la gabbia vuota. Il tempo scorre veloce e la marea rossa sulle tribune pensa già al countdown da scandire nel Canada Hockey Place, ma a venticinque secondi dalla sirena d’oro ecco che accade quello che non t’aspetti, quell’imprevedibile che rende lo sport poesia: Zach Parise di prepotenza si avventa su una respinta di Luongo e mette dentro il disco che pareggia i conti e manda all’overtime la finalissima.
Il supplementare di venti minuti, giocato in quattro contro quattro, ha una regola terribile ma affascinante al tempo stesso: il primo gol segnato vale l’intera posta in palio. Prima del momento che tutto il Canada ricorderà per sempre, sono proprio i padroni di casa a creare i pericoli maggiori e a dimostrarsi più coraggiosi nel rischiare ad attaccare.
Tutto quello che succede poi dal minuto 7.40 dell’overtime, quando l’ultima azione agonistica di tutta l’olimpiade di Vancouver 2010 è compiuta, è delirio puro, un carnevale rosso che rende per la nazione ospitante questi giochi indimenticabili.
Le legge dello sport vuole che ci sia solo un vincitore, ma seppur sconfitta, la squadra a stelle e striscie, meriterebbe anch’essa un oro, per tutto quanto ha fatto e per come da sfavorita ha saputo lottare fino alla fine, credendoci anche quando nessuno ci avrebbe più creduto.
Riconoscere i meriti degli avversari nobilità quelli dei vincitori. Il pubblico di casa, sportivamente regala loro grandi applausi al momento della consegna delle medaglie, prima di ascoltare e cantare a squarciagola assieme ai giocatori “O Canada” per la quattordicesima volta in questi giochi.
Da semplici narratori quali siamo invece, dire grazie a entrambe le squadre per lo spettacolo regalato è un atto che ci viene spontaneo.E’stato un torneo di hockey forse irripetibile, giocato in un paese che vive per questo sport e che ne ha fatto l’evento principe di tutta la sua olimpiade. Un olimpiade che ,a pochi minuti ormai dalla cerimonia di chiusura, ci mancherà davvero.
Grazie Vancouver per queste due settimane di grandissime emozioni. Arrivederci a Sochi.
di Pasquale Teoli
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