PATTINAGGIO DI FIGURA - La finale del Grand Prix disputata a Tokyo ha definitivamente sancito la crisi del movimento europeo che per la prima volta nella storia non è riuscito ad esprimere alcun vincitore. Peraltro, nell’occasione, il Vecchio Continente si è dovuto accontentare di due terze posizioni, bottino oltremodo magro e frutto di una serie di carenze tecniche che andrebbero analizzate nello specifico. La sintesi del momento è stata espressa dall’imbarazzante prestazione del ceco Tomas Verner, mestamente ultimo classificato nella gara maschile in cui è parso assolutamente fuori contesto al cospetto di atleti dotati di ben altra consistenza su tutti gli elementi tecnici.
La gara dai connotati tecnici più scadenti è stata quella femminile. Il successo, come da pronostico, è andato alla coreana Kim Yu Na che ha così archiviato la terza affermazione in carriera nell’atto finale del Grand Prix, portandosi ad una sola lunghezza dalla russa Irina Slutskaja. Tuttavia, al di là dei numeri, non sono state tutte rose e fiori, in quanto la prestazione della detentrice del titolo mondiale si è rivelata decisamente sopra il par e in linea con quanto evidenziato in occasione della tappa di Skate America. Innanzitutto, complice un triplo flip preceduto da passi completamente aperto e alla fine solo singolo, l’allieva di Brian Orser ha perso l’imbattibilità nel programma corto che durava da sei gare, senza dimenticare come anche il programma libero non sia stato esente da errori specialmente nelle combinazioni di salti. La coreana, espressasi al 70% del suo potenziale, ha preceduto di stretta misura la padrona di casa Miki Ando che rimpiangerà a lungo un errore sul triplo salchow nel programma libero costatole il successo. In terza posizione, si è piazzata la soprendente nipponica Akiko Suzuki, una delle poche note positive della gara e, senza ombra di dubbio, l’unica ad aver pattinato al meglio delle proprie possibilità. Non pervenuta, invece, la canadese Joannie Rochette, ritenuta alla vigilia l’alternativa più credibile a Kim, ma affondata con un programma libero in cui ha completato tre soli salti tripli.
Nella danza, gli statunitensi Davis-White hanno sconfitto per la seconda volta in dodici confronti diretti i compagni di allenamento Virtue-Moir, già battuti a Gennaio in occasione della finale dei Quattro Continenti. Gli statunitensi hanno costruito il loro successo nella danza originale in cui hanno guadagnato quasi due preziosi punti che non sono stati recuperati dai canadesi con la danza libera. L’impressione è che tra le due coppie viga al momento una situazione di assoluta equivalenza, situazione impronosticabile dodici mesi or sono quando Davis-White erano ritenuti almeno un gradino al di sotto degli storici compagni di allenamento. In passato, mai la gara di danza era stata vinta da un sodalizio statunitense e comunque solo in due occasioni il titolo non era rimasto tra i confini europei (1996, 2001, Bourne-Kraatz, CAN).
Le altre coppie ammesse alla finale sono state regolate dai francesi Pechalat-Bourzat che hanno conquistato il gradino più basso del podio a oltre venti punti di distacco sia dai vincitori che dai primi sconfitti. Quinto posto per Anna Cappellini e Luca Lanotte che, gara dopo gara, vedono aumentare il loro disavanzo nei confronti delle due coppie nordamericane con cui battagliavano quasi ad armi pari a livello juniores. Ciò nonostante sul lato interpretativo, il binomio italiano sembra migliorato rispetto al passato anche se è ora necessario crescere dal punto di vista tecnico per colmare il gap nei confronti delle coppie di vertice.
La gara maschile ha sancito il trionfo dello statunitense Evan Lysacek che, oltre a sbriciolare i propri primati personali, ha strappato il record americano al canadese Patrick Chan. L’allievo di Fran Carrol è stato pressoché perfetto nel programma corto, mentre nel programma libero ha commesso un solo errore su un triplo axel, storicamente un salto per lui a rischio. Anche in occasione della gara di Tokyo, il campione del mondo in carica ha preferito non proporre il quadruplo toe-loop che però potrebbe essere necessario in chiave olimpica. In seconda posizione, si è piazzato il giapponese Nobunari Oda, ritenuto il favorito della vigilia, ma penalizzato dalle difficoltà sull’axel evidenziate nel programma libero. Sul gradino più basso del podio è salito a sorpresa lo statunitense Johnny Weir, capace di migliorare i precedenti limiti personali in entrambi i segmenti di gara, ma soprattutto apparso per la prima volta dopo tanto tempo in buona condizione atletica al punto da completare ben otto tripli nel libero. Prova dai due volti, invece, per l’atteso padrone di casa Daisuke Takahashi e per il detentore del titolo Jeremy Abbott. Il primo, pressoché perfetto nel corto, ha poi pasticciato oltremodo nella seconda parte di gara, mentre il secondo ha pattinato un programma libero d’autore sporcato solo dalla caduta sul quadruplo toe-loop, ma ha pagato un corto con qualche errore di troppo sui salti.
La competizione più spettacolare e dal più alto tasso tecnico è stata a tutti gli effetti quella delle coppie di artistico che ha visto tre sodalizi sfondare il muro dei 200 punti. Il successo è andato ai veterani Shen-Zhao, saliti a quota sei vittorie in finali del Grand Prix. I cinesi, grazie ad un programma libero d’antologia, hanno ottenuto il nuovo record mondiale migliorando di oltre sette punti il precedente limite, stabilito due settimane or sono dai tedeschi Savchenko-Szolkovy. Il trionfo cinese è stato completato dal secondo posto dei detentori del titolo Pang-Tong, capaci per la prima volta in carriera di abbattere il muro dei 200 punti e saliti di rendimento in maniera eclatante rispetto ad un recente passato che comunque li ha visti conquistare anche un titolo mondiale. I delusi del caso sono stati Savchenko-Szolkovy, autori di un ottimo programma corto, in cui sono stati comunque preceduti da Shen-Zhao, e poi crollati nel programma libero aperto con un errore di Aliona Savchenko sul triplo toe-loop side by side. Incoraggiante, invece, la prestazione dei russi Mukhortova-Trankov, arrivati ai piedi del podio con tanto di nuovo primato personale e pronti a contendere il titolo europeo agli allievi di Ingo Steuer, usciti in ginocchio dalla finale del Grand Prix.
Il terzo classificato dopo il short del singolo maschile aveva più di 87 punti. Gradirei sapere dal datAmbesi se una situazione simile si fosse mai verificata in passato. Grazie.
RispondiEliminaAcuta osservazione!
RispondiEliminaTi dico di più, prima della finale del Grand Prix di Tokyo, in una sola occasione due atleti avevano superato il muro degli 84 punti nello stesso short programm (Four Continents 2008, Takahashi 88,57, Lysacek 84,06).
Nella finale del Grand Prix di Tokyo, quattro atleti hanno abbattuto la soglia degli 84 punti (Takahashi, Lysacek, Oda, Weir).
A presto!