lunedì 21 dicembre 2009

Intervista esclusiva a Manuel Pietropoli


SNOWBOARD - Nel 2006 alle olimpiadi di Torino Manuel Pietropoli era l’atleta azzurro più giovane, con i suoi 16 anni ancora da compiere. Giunse 43esimo nell’half-pipe, ma fece un’importante esperienza in vista del futuro. Due anni dopo arrivò la consacrazione a livello internazionale, con la vittoria in Coppa del mondo a Bardonecchia, cui però non sono seguiti ulteriori piazzamenti sul podio. Con il 19enne di Desenzano sul Garda abbiamo discusso sulle sue aspettative per questa stagione che entra nel vivo nel mese di gennaio.

Hai saltato la prima gara stagionale per una fastidiosa influenza e la prossima sarà nei primi giorni del 2010. A che punto è la tua condizione?
"Sì purtroppo ho dovuto saltare la gara di Saas Fre e devo dire che trascorrere 4 giorni in albergo con la febbre alta mentre gli altri gareggiavano mi ha urtato molto. Sarebbe stato utile gareggiare per acquisire maggior feeling con la competizione".

Dopo la vittoria del 2008 ci si attende moltissimo da te: ti infastidisce la pressione?
"Diciamo di no. Il fatto che la gente mi inciti a dare il massimo non mi condiziona più di tanto perché quando sono in gara penso solo a me stesso e a ottenere una soddisfazione personale. I commenti della gente non mi interessano".

Quali aspetti della tua tecnica pensi di dover migliorare?
"Penso che dovrei essere più costante nel compiere perfettamente determinati salti, il che servirebbe per una medaglia alle olimpiadi".

Quindi a Vancouver proverai il colpaccio?
"A Torino 2006 ero l’atleta più giovane e fu un’esperienza indimenticabile. Questa volta sono più maturo e vivrò i Giochi olimpici in maniera diversa, sperando di fare un’ottima gara".

C’è un avversario in particolare che ti intimorisce?
"Il più temibile è senza dubbio Shaun White, che ritengo essere nettamente il più forte. Visto il suo attuale livello, sarà molto difficile che non conquisti l’oro a Vancouver".

In uno sport in cui a decidere sono le giurie, quanto conta il blasone di un atleta?
"Secondo me non conta nulla. I giudici votano in base alle evoluzioni che compi e non in base al passato di uno snowboarder. Bisogna solo riuscire a realizzare una gara pulita, dopodiché si viene certamente premiati".

Come ti sei appassionato a questo sport?
"I miei genitori hanno sempre avuto la passione per la montagna e andavamo quasi sempre a sciare. Poi a 6 anni e mezzo mio padre mi ha insegnato ad andare sullo snowboard e da lì è iniziato tutto".

Nell’half-pipe alle tue spalle ci sono altre giovani promesse in Italia o tu sei il classico ‘fiore nel deserto’?
"Stanno crescendo anche altri ragazzi per fortuna, anche se non è facile dal momento che in Italia non ci sono piste di half-pipe per allenarsi ed imparare. Per ora a livello internazionale gareggiamo in 3-4 atleti, ma spero che altri giovani ci raggiungano presto".

di Federico Militello

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