BIATHLON - Allora avevo ragione quando l'ho ribattezzato il dottor Jekyll e mister Hyde del meraviglioso mondo del biathlon. Non posso che riferirmi a lui, Frode Andresen. Non ricordo in quale telecronaca gli abbia appiccicato addosso quel soprannome, però se c'è una gara simbolo che ne rappresenta la doppia anima è certamente l'individuale dei Giochi di Salt Lake City 2002.
Al nostro eroe tocca il pettorale 87, l'ultimo della prova inaugurale della rassegna che consacra il suo connazionale Ole Einar Bjoerndalen con quattro ori su quattro. Quando ormai il marito di Nathalie Santer sembra rassegnato al secondo posto, rimpiangendo l'errore commesso al secondo e al terzo poligono, la crudeltà del fondo-e-spara si manifesta all'ultimo poligono.
Andresen è perfetto per 4 dei 5 giri. Si presenta con 1 minuto mezzo di vantaggio su Bjoerndalen per affrontare la serie finale in piedi. Chiude i primi due. Gliene basta forse solo un altro per mettersi in tasca il titolo a Cinque cerchi e invece manca i tre successivi. Il dramma di quel giorno lo accompagna tuttora in quella che mi piace definire sindrome di Andresen.
La cosa incredibile è che non si tratta dell'unico virus contro il quale deve combattere. Dal 1 maggo 2008 al 1 maggio 2009 ha collezionato nove-dico-nove malanni e infortuni vari. Eppure nel mezzo di questa serie di sventure patologiche è persino riuscito a vincere la 50 km con partenza in linea valida per il titolo nazionale di fondo di fine stagione e svariate tappe di Ibu Cup.
Per cercare un rimedio ai suoi guai e prevenire l'influenza, il 35enne vinchingo, nato a Rotterdam e vissuto da piccolo per almeno un anno anche a Città del Capo, Laos e Nairobi per via del lavoro del padre diplomatico, ha deciso di operarsi alle tonsille. "La cosa che mi limita maggiormente quando sto male - ha rivelato - è non poter assumere le mie solite 10.000 calorie al giorno. Mi devo accontentare della metà".
Andresen non è proprio l 'ultimo arrivato. In carriera ha vinto 15 prove di Coppa del mondo di biathlon, compreso l'oro iridato nella sprint di Holmenkollen nel 2000. Pure quella volta ha rischito di perdere il titolo per non aver chiuso l'otturatore della carabina una volta uscito dall'ultimo poligono. Distrazione perdonata dalla giuria che forse non se l'è sentita di privarlo della gioia della vittoria davanti alla sua gente.
Laureato in economia, esperto di borsa, il premio più bello forse l'ha ricevuto dal Comitato Egebergs Ærespris, che dal 1919 nomina lo sportivo norvegese che si distingue in due o più discipline sportive. E lui se la merita davvero la statuetta di bronzo scolpita da Magnus Vigrestad e assegnata in passato ai colleghi Grete Ingeborg Nykkelmo (1990), Bjoerndalen (2002) e Lars Berger (2006).
Oltre alla collezione completa di medaglie nel biathlon ai Giochi (oro nella staffetta '98, argento e bronzo nelle sprint '98 e '06) e ai Mondiali (oro nella sprint e argento nella staffetta del 2000, bronzo spint e staffetta nel '99), il compagno nella vita di Gunn Margit Andreassen e padre di David, nato il giorno di Natale 2004, si dovrebbe tener conto infatt dell'ottavo posto nella mitica 50 km di Holmenkollen di fondo nel 2008 e il 26esimo posto ai campionati norvegesi di ciclismo.
E se per qualuno le medaglie più autentiche sono cicatrici, indelebili come ricordi di battaglie combattute sul campo, dottor Frode e mister Andresen ne ha tatuate diverse sul corpo: frattura alla clavicola e ossa rotte per cadute in mountan bike e snowboard, figlie di un brutto volo in skateboard che da piccolo gli è costato qualche dente da latte. Altro che raffreddore.
giovedì 14 maggio 2009
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