SHORT TRACK – Quando sarà annunciato il nome di Tatiana Borodulina e soprattutto la sua nazionalità nelle gare di 500, 1000 e 1500 metri alle Olimpiadi di Vancouver, per i più attenti sarà impossibile non andare con la mente alla irripetibile vittoria di Steven Bradbury, prima e unica medaglia d’oro invernale Aussie.
Il re dei 1000 metri di Salt Lake City 2002, che ha pubblicato un’autobiografia dal titolo piuttosto eloquente (“Last Man Standing” – L’ultimo rimasto in piedi), attraverso la nuova sfida della pattinatrice di origine russa inevitabilmente rivivrà quell’incredibile cavalcata verso il titolo magistralmente sintetizzata dall’irriverente ma rivisitazione della Gialappa’s (guardate più sotto!).
Nel caso della Borodulina, se dovesse arrivare un altro titolo a Cinque cerchi, difficilmente si parlerà di straordinaria congiunzione astrale. La 25enne nata a Omsk, nella Siberia sudoccidentale, prima di vestire la divisa australiana (nonché quella dell’Army Reserve – l’esercito Down Under - per ottenere la cittadinanza) ha disputato la finale dei 1500 a Torino 2006 per la Russia.
In comune con Bradbury ha l’allenatore: Ann Zhang, cinese del Queensland. Borodolina è già entrata nella storia dello suo sport vincendo la prima tappa di Coppa del mondo per i canguri (nei 500 a Dresda stagione 2008/2009) rimasta un tabù perfino per Bradbury, capace del bronzo nella staffetta a Lillehammer 1994. E poi sperare nei miracoli non costa nulla, come suggerisce la traduzione dell'ideogramma giapponese tatuato sul polso della Borodulina: credere.
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